Buddismo approfondimenti - "Viaggiando con me: Le mie avventure fotografiche"

Vai ai contenuti
Asia > Cina approfondimenti > Buddismo cinese
Il buddismo o buddhismo
Religione predicata dal Buddha, "I'Illuminato", diffusa in gran parte dell'Asia orientale e sud-orientale. Soggetto a un'evoluzione che porta a dottrine e a norme a volte assai lontane dai pre­cetti originari, il buddismo è ai suoi inizi una delle dottrine che in India cercano la liberazione dal ciclo delle esistenze, determinate nella loro condizione di partenza dalla qualità morale del comportamento, e dal dolore  che porta la vita. Si soffre fin dalla nascita, si soffre per tanti motivi, anche l'impulso di desiderare porta dolore, perchè l’esistenza è sofferenza.

Ostile alla tradizione vedica, che nella casta brahmanica vedeva l'unica depositaria della via di salvezza, individuata nel sacrificio, ostile pure alla mistica delle U panisad, il buddismo passa per tre fasi: hīnāyana ("Piccolo Veicolo"), mahāyāna ("Grande Veicolo"), vajrayana ("Vei­colo di diamante") che significano ciò che "conduce" gli esseri senzienti verso la liberazione spirituale. Nel buddhismo antico, Hīnāyana, il monaco ha una marcia in più nel cammino verso la liberazione rispetto ai laici: egli, grazie al sostegno dei laici, vive una vita completamente dedicata alla ricerca della liberazione. I laici, invece, si limitano a seguire l’etica buddhista e a guadagnare meriti sostenendo i monaci nel loro percorso. l hīnāyana, è assai vicino alla predicazione del Buddha, mira alla li­berazione individuale, disciplinando la vita e il pensiero.

Per eliminare il dolore esiste un rimedio: se il dolore in tutte le sue forme deriva dal desiderio, basta sradicarlo per vedere la fine della sofferenza. La fine della sofferenza rende la persona libera, e questo stato si chiama nirvana, che è l'estinzione della brama di vivere e che, lasciato volutamente imprecisato dal Buddha, è tutto il contrario dell'esperienza sensibile. Asserita la realtà del dolore, indi­viduata nella sete di vivere la radice del do­lore e quindi nella soppressione di essa la liberazione, il Buddha raccomanda l'"ottuplice nobile sentiero" una serie di discipline che regolano ogni aspetto della vita.

Convinto dell'insegna­mento del maestro, il discepolo s'asterrà dal­le passioni, diretta conseguenza dell'illusione dell'io, considererà ogni cosa con equani­me distacco e s'avvierà alla meditazione pu­ra, affidandosi non ai riti o alle mortificazioni esteriori del corpo, ma alla concentrazione assoluta della mente, per stadi, fino ad arrivare alla “Illuminazione interiore”: imiterà cioè il Buddha, oggetto non di culto o di rappresentazioni iconiche, ma esempio concreto della possibilità di giungere all'illuminazione liberatrice. Per sua natura monastico e rinunciatario, il buddi­smo ha tuttavia bisogno di sostenitori laici, che provvedano alle necessità dei monaci, avendo come compenso la speranza di potere abbracciare, in una vita futura, lo stato monacale.

La mancanza d'una gerarchia organizzata e d'un'esposizione sistematica della dottrina atta a risolvere le molte indubbie aporie comportò l'insorgere di tendenze diverse nella disciplina e nella dottrina. Il monaco intento soltanto alla propria purificazione è presto accusato di non esser del tutto svincolato dall'idea dell'io, di servirsi d'un "Piccolo Veicolo", inadeguato al compito della salvezza universale.
Così, col tempo, l'ideale non è più il santo inaccessibile, bensì il Bodhisattva, "colui che ha per essenza l'illuminazione", che rimane nel mondo e fa partecipare tutte le creature del meritato raccolto con le proprie perfezioni.
E' la scuola Mahāyāna, che pur dando grande valore a chi sceglie la vita ritirata dei monasteri, indica la strada della perfezione aperta a tutti, anche coloro che non sono capaci di disciplina ascetica e meditativa per adattarsi al distacco dal mondo,  possono ugualmente raggiungere l'illuminazione grazie alla devozione e alla generosità. L'evoluzione è sostanziale, mutano pertanto i precetti etici: non più distacco, ma carità attiva, benevolenza, compassione, generosità verso tutti gli esseri sofferenti. La compassione non è altro che la solidarietà che lega tutti gli uomini prigionieri di un medesimo dolore. Nella concezione della scuola Mahāyāna infatti, lo scopo ultimo di ogni buddhista è la salvezza di tutti gli uomini: l’ideale religioso è il bodhisattva, colui che, dopo aver sperimentato il risveglio, la “bodhi”, rinuncia ad essere un buddha e aiuta gli altri uomini a raggiungere la salvezza, come già fece il Buddha stesso. Caratteristiche di un bodhisattva sono sapienza e compassione.
Già il Buddha storico aveva rifiutato l'ingresso nel nirvana per diffondere tra gli uomini la dottrina salvifica, e l'amore verso il prossimo è lo sviluppo dell'ahimsa, la "non violenza" che prescrive il rispetto per ogni tipo di vita, condanna il sacrificio cruento ed è conseguenza della mancanza d'un io che si contrapponga a un altro; ma è certo che nel "Grande Veicolo" le esigenze religiose del laicato trasformano la disciplina individualistica del buddismo primitivo. Tra gli infiniti Buddha e Bodhisattva che popolano il pantheon mahayanico godono di particolare favore i Buddha Vairocana e Amitabha (Amida in Giappone) e il bodhisattva Avalokitesvara, "il signore guardato con devozione" che assumono caratteristiche di divinità onnipotenti, in grado d'infrangere la legge ferrea del rimerito delle azioni compiute per soccorrere nella calamità e nel bisogno. Del resto riti, culto anche delle immagini e devozione sono ammessi per chi non è ancor giunto al piano della verità assoluta, che per  Nagarjuna (IIsec. d.C.) è la "vacuità" universale. I fattori esistenziali multipli non sono che un miraggio, che occorre superare per attingere l'unità suprema, in cui anche il contrasto tra mondo caduco e nirvana scompare.

La terza fase del buddismo considera le formule magiche, simbolo della realtà, indispensabili per ricongiungersi con la forza cosmica eterna, che ha il fulgore inalterabile del diamante (onde la denominazione di vajrayiina, o mantrayiina, "Veicolo di diamante"). Le cose e le azioni, in quanto vacue e quindi partecipi della realtà assoluta della vacuità, consentono di giungere, attraverso un'appropriata successione di riti e l'interpretazione simbolica, alla vera natura del diamante, che è presente in ogni creatura. Nel vajrayana, che accetta anche le divinità femminili e i riti erotici con esse collegati, si celebra il trionfo dell'esoterismo, in pieno contrasto con la semplicità e l'impegno etico del buddismo originario.

Storia.
Siddhartha o Gautama, il Buddha, di nobile famiglia, visse tra il 560 e il 483 c. a.C. Dopo l'illuminazione, nei rimanenti anni di vita errò nella regione del Bihiir, predicando nella lingua del paese e fondando comunità di monaci e monache, ammesse dopo lunga esitazione. Una serie di concili fissò un imponente canone, diviso in "tre canestri", concernenti la regola, le prediche del Buddha, la metafisica. Al tempo di Asoka (c. 274- 232 a.C.), che si convertì forse alla fede e proclamò nei suoi editti gli ideali della benevolenza, della tolleranza e dell'ahimsa (non violenza e al rispetto per la vita), il buddismo penetrò in Ceylon, ancor oggi baluardo del Piccolo Veicolo, che s'affermò ed è ancor oggi importante nella Birmania e nella penisola indocinese. Nei primi secoli d.C. si precisano, in una serie imponente di testi dottrinali e letterari, i tratti fondamentali del mahiiyiina, che inizia la sua espansione nell'Asia centrale, donde passerà poi alla Cina, alla Corea, al Giappone. Relazioni di pellegrini cinesi ci informano delle fiorenti condizioni dei monasteri indiani fin verso l'VII sec., quando s'avvertono i segni della decadenza che porterà nel XII sec. alla scomparsa del buddismo dal suolo indiano. La perdita del sostegno di principi e re, orientati verso altre religioni in tumultuosa crescita, la scarsa coesione tra monaci e laici, il progressivo assorbimento di idee e pratiche induiste furono le concause del mancato ripristino dei centri religiosi e culturali buddisti distrutti dagli invasori musulmani.
Oggi nell'India i buddisti sono non più di 200.000. In Cina il buddismo prosperò quando regnarono dinastie d'origine straniera, declinò quando dinastie nazionali vollero escludere influenze esterne, tra le quali· il buddismo, in realtà antinomico con il senso della famiglia e dello stato e con le virtù sociali così radicate in Cina. Immensa fu l'attività culturale svolta, come del resto in tutti i paesi dell'Asia, ma il buddismo cinese resistette solo in quanto s'adeguò ai principi confuciani e soprattutto al taoismo popolare. Alcune scuole, sia devozionali, sia meditative si continuarono su suolo giapponese. In Giappone il buddismo accettò divinità indigene e concezioni locali, quali la venerazione dell'imperatore e degli antenati, ed ebbe per secoli il predominio spirituale. Oggi è la religione di più di 40 milioni di giapponesi, divisi in un numero imponente di sette. Alcune sono devozionali (la "scuola pura" vede la salvezza nella grazia di Amida; la scuola di Nichiren, intollerante e fanatica, venera una formula sacra); in altre prevale la dottrina dello sforzo individuale (la scuola Zen o della meditazione, che consiglia metodi di discipllina mentale atti a raggiungere una perfetta armonia con il fondamento universale, riscoperto nell'intimo di ognuno, fu praticata dalla nobiltà guerriera, esercitò influenza grandissima nell'arte e sta ora guadagnando l'attenzione di osservatori numerosi nei paesi di civiltà occidentale).
Nel Tibet e nella Mongolia il vajrayiina ha assunto la forma di lamaismo e a partire dal XVI sec. ha esercitato un potere teocratico sull'intera regione. I numerosi monaci riconoscevano la supremazia religiosa e politica del dalai-lama, "il maestro oceano di saggezza", incarnazione di Avalokitesvara. Il culto è ricco e sfarzoso; poteri sovrannaturali conferisce la formula Om mani padme hum ("il gioiello, ossia il Buddha, è apparso nel mondo"), ripetuta e scritta in ogni dove, Un duro colpo per il potere teocratico son stati l'annessione del Tibet alla Repubblica popolare cinese e la fuga del dalai-lama nel 1959.

             
       
                          Cambogia

            Angkor Wat

                         Vietnam

 


                                                    
                            Grotte di Yungang

                          Tempio del cielo

                           Pingyao

                        Residenza famiglia Qiao
  

 
Torna ai contenuti