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Sardegna
I nuraghi
Si tratta di costruzioni in pietra di forma tronco conica risalenti al 1800 a.C. fino al 1100 a.C. I nuraghi sono diffusissimi in Sardegna, più di 7000 tra quelli che hanno lasciato solo tracce e quelli più o meno in buone condizioni. Sono unici nel loro genere e rappresentativi della Civiltà nuragica. Il nome di questo caratteristico monumento deriva dal vocabolo nurra, che significa "mucchio", "accumulo", ma anche "cavità". Ed è forse proprio per questo doppio significato che il termine è stato applicato alla forma originaria del nuraghe, una costruzione venuta su per "accumulo" di grosse pietre con interno occupato da una camera coperta a cupola e pertanto "cava".
L'intero complesso rappresenta un importante esempio di architettura megalitica e si presume che l'altezza originaria del mastio centrale raggiungesse una misura compresa tra i 22 e i 24 metri, la più alta per quel periodo dopo le piramidi egizie. Gli scavi effettuati nel 2007 hanno rilevato che la torre centrale è databile al 1800 a.C. mentre le altre parti sono state aggiunte successivamente, appunto tra il 1600 e il 1450 a.C. Successivamente, intorno all'intero complesso è sorto il villaggio nuragico.
Il nuraghe di Santu Antine
Dedicato all'imperatore Costantino, questo nuraghe domina la pianura di Cabu Abbas nei pressi di Torralba e costituisce una dell più robuste e importanti costruzioni dell'Età del bronzo medio (siamo intorno al X secolo a.C.), anche se oggi è possibile osservare solo i 17 dei probabili 22 metri d'altezza originari.
La scala, disposta in senso orario, conduce al secondo livello completando 360° di estensione.
La scala raggiungeva anche un terzo livello non più esistente; l'altezza residua del mastio è 17,5 metri.
La parte più antica è costituita dal mastio centrale, mentre è di epoca successiva la cinta esterna di muraglia trilobata, che arriva all'altezza del primo livello.
Adiacente al nuraghe si trova il villaggio, con le classiche capanne a pianta circolare del periodo nuragico e con abitazioni a pianta rettangolare di periodo romano che testimoniano il riutilizzo della struttura in epoche successive a quella nuragica. Oggi nel villaggio del Santu Antine sono visibili 14 capanne. ma si suppone che il numero e di conseguenza l’estensione dell’area dell’abitato, fosse molto maggiore.
Il villaggio è formato da gruppi di capanne tra loro vicine che generalmente hanno al centro un cortile con pozzo. Si tratta di abitazioni abitate da gruppi con legami familiari o appartenenti ad un clan che quando la famiglia si allarga costruiscono altre capanne sempre vicine fra loro. Le capanne sono circolari con la base di pietra basaltica, impermeabilizzata con l’argilla e il sughero, mentre la copertura era costruita a forma di cono fatto di tronchi e frasche. I pavimenti erano fatti con lastre di pietra, acciottolati o semplicemente in terra battuta. Alle pareti dei muri venivano scavate delle nicchie per utilizzarle come porta oggetti o utensili. Al centro delle capanne, utilizzando delle pietre in circolo si realizzavano dei focolari.
L'accesso alla struttura è orientato in direzione sud, l'ambiente interno del primo livello del mastio centrale presenta tre nicchie, ma fatto rarissimo sono rese comunicanti tra loro da un corridoio circolare ricavato nello spessore del muro.
L'interno del nuraghe è più elaborato del solito e consta di corridoi illuminati da feritoie e che collegano le torri secondarie e il cortile nel quale si apre un pozzo.
Oggetto di culto, l'acqua veniva raccolta nei pozzi sacri, detti anche templi a pozzo: in tutta la Sardegna se ne conoscono circa 40, situati prevalentemente all'interno o nei pressi dei villaggi nuragici. A Santu Antine il pozzo di origine nuragica è di probabile significato sacrale. La profondità è di ben 40 metri che lo rende una struttura unica per l’epoca in cui è stato realizzato. Manca la parte superiore del pozzo, ma il fondo, pieno d'acqua, ha custodito un'interessantissima selezione di reperti: monete romane e un argano per pescare l'acqua. Tra i più significativi di età nuragica una brocca agganciata all'estremità di una spada votiva, un'immanicatura di pugnale in avorio di elefante, due bronzetti raffiguranti personaggi maschili. Tutto conservato al Museo Sanna di Sassari.
Complesso di Serra Orrios.
Complesso di Serra Orrios.
Il sito, risalente al II millennio a.C., è un villaggio-santuario, fra i meglio conservati della Sardegna nuragica, costituito da un centinanio di capanne a pianta circolare, semplici o anche complesse e raggruppate in isolate, e da due aree sacre, circondate da dei recinti sacri che le separano dall'abitato, al cui interno sono presenti due tempietti del tipo ad antis o megaron.
Complesso di Serra Orrios: le capanne si raggruppano in isolati serviti da stradine e piazzette dove trovano sistemazione anche pozzi pubblici per le esigenze quotidiane degli abitanti del villaggio. Inoltre sono presenti nel villaggio due aree sacre ognuna caratterizzata dalla presenza di un tempietto a megaron, ossia con pianta rettangolare formata da un'antecella con ante sporgenti e una cella longitudinale con ingresso assiale.
Il villaggio per la cospicuità delle sue dimensioni e per l'organizzazione urbanistica, può ben essere definito un insediamento protourbano. I numerosi reperti rinvenuti durante gli scavi, oggi al museo archeologico di Dorgali, hanno permesso di fissare la cronologia al periodo che va da Bronzo Medio al Bronzo Recente.
L’elemento architettonico di maggior richiamo sono sicuramente i due tempietti a megaron, che alla luce delle nuove scoperte della presenza dei Micenei in Sardegna, potrebbero essere interpretati come il risultato di nuovi apporti culturali, che hanno trovato un’ampia concretizzazione proprio in prossimità degli approdi lungo la costa orientale, dove per la prima volta sono stati rinvenuti frammenti Micenei.
Tomba dei giganti di S'Ena e Thomes. Proprio al centro si erge la grande stele-porta, pesante ben sette tonnellate, che allude alla soglia tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti.
Tomba dei Giganti di S'Ena e Thomes.
Tomba dei giganti di S'Ena e Thomes,
Uno dei più grandi e impressionanti luoghi di sepoltura collettiva della Sardegna. Risalente all'età del bronzo, l'area dedicata al culto è disposta a semicerchio ed è composta da lastroni di granito locali infissi nel terreno e ordinati in grandezza decrescente dalla stele. La forma è quella di un'esedra al cui centro si compivano riti funerari. Ha una larghezza superiore ai 10 metri e la sua stele centrale è alta quasi 4 metri e pesa circa 7 tonnellate.
Giganti di S'Ena e Thomes: il corridoio funerario, di forma rettangolare e lungo circa 11 m, è coperto da grandi lastre di pietra. Il sito, ben poco pubblicizzato, si trova al km 19 della strada provinciale 38, all'interno di una proprietà privata alla quale si accede da un cancello che potete aprire liberamente (e richiudere) in qualsiasi momento della giornata. Dopo aver percorso un breve sentiero e seguito le frecce in pietra che indicano la direzione in cui procedere, vi troverete davanti a questa meraviglia. La suggestione è notevole, l'interesse eccezionale!
Complesso nuragico di Romanzesu.
E' un sito archeologico che si trova a 750 m s.l.m. in località "Poddi Arvu" (il pioppo bianco), nella foresta di sughere dell'altopiano granitico di Sa Serra, a circa 13 chilometri da Bitti, in provincia di Nuoro. Si tratta di un villaggio nuragico esteso per oltre sette ettari risalente all'Età del bronzo, vicino alla sorgente del fiume Tirso, e che comprende il pozzo sacro, un centinaio di capanne, due templi a mégaron, un tempio rettangolare, un anfiteatro ellittico a gradoni, e una grande struttura labirintica. Il toponimo Romanzesu deriva dalla presenza di testimonianze di epoca romana. Nel II - III secolo d.C. i romani infatti occuparono l'altopiano costruendo delle mansiones (fattorie) in località "Sa Pathata", "Juanne Pala" e Olusthes.
Questo è un pozzo che si trova all'interno di un Anfiteatro. Quando il pozzo era pieno, l'acqua straripava fino a coprire tutto l'anfiteatro che raccoglieva l'acqua.
Il pozzo sacro.
Si trova al centro dell'area sacra. Ha una struttura a pianta circolare i cui muri poggiano sulla roccia da cui sgorga la sorgente. Il vano del pozzo dispone di una panchina che doveva in origine seguire tutta la circonferenza. Si ritiene possa risalire all'Età del bronzo recente e finale (XIII-IX secolo a.C.) e che fosse un tempio a pozzo dove si svolgevano le cerimonie legate al culto delle acque. Esso è infatti collegato all'anfiteatro da un canalone con gradoni lungo 42 metri che portava l'acqua della sorgente all'anfiteatro. Vicino al pozzo sono stati riportati alla luce tre betili in granito (piccoli cippi simboleggianti la divinità).
L'anfiteatro è una grande vasca circolare su un dislivello di 1,60 metri. È circondata da sei tribune a gradoni, su cui probabilmente si raccoglieva la gente del villaggio. Originariamente doveva essere lastricato. La vasca probabilmente era utilizzata per le abluzioni rituali e altri riti politico-religiosi.
L'anfiteatro.
E' una grande vasca circolare su un dislivello di 1,60 metri che raccoglieva l'acqua del pozzo quando essa superava il livello della scala. È circondata da sei tribune a gradoni, su cui probabilmente si raccoglieva la gente del villaggio. La vasca probabilmente era utilizzata per le abluzioni rituali e altri riti politico-religiosi e, forse, anche per l'ordalia dell'acqua nei giudizi sui delitti contro la proprietà.
Il cosiddetto labirinto (forse la capanna del sacerdote stregone) è una struttura di muri concentrici databile al XIII-IX secolo a.C. che introduce, attraverso un corridoio ad anello, in un vano centrale rotondo (che in origine doveva essere coperto come le altre capanne) al cui centro vi è un basamento circolare in pietra e che conserva una parte di pavimentazione lastricata. All'interno del vano centrale sono stati rinvenuti molti ciottoli fluviali di quarzo rossiccio.
Tempio a Megaron: aveva un vestibolo che immetteva attraverso un ingresso che indirizzava nel vano rettangolare interno (lunghezza m 5,30; larghezza m 3,30). Questo era dotato di sedili e di banconi per offerte, mentre una fossa centrale sembra documentare la presenza di un elemento architettonico rituale. Nel XIII-XI secolo a.C. il vestibolo fu chiuso con muri rettilinei e dotato di spazi per contenitori d'uso rituale; nel X-IX secolo a.C. fu ampliato con la costruzione di una fronte curvilinea.
Le capanne del villaggio nuragico hanno pianta circolare e pavimento lastricato. All'interno vi è un sedile di pietra perimetrale ed un focolare sempre in pietra posto al centro del vano.