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Romania

Monastero di Sucevita

Il monastero è un convento ortodosso situato nella parte meridionale della regione storica della Bucovina. Fu costruito nel 1585 dai governanti locali. Inizialmente costruito come fortezza, Sucevita è l'ultimo monastero  decorato della Bucovina, in mezzo a uno sfondo di montagne mozzafiato  che gli è valso il nome di "gioiello verde". E' stato l'ultimo monastero poichè la Moldavia era ad un passo dalla dominazione turca e le risorse finanziarie erano esaurite.
Sembra più una roccaforte medievale, con alte mura, bastioni e torri di avvistamento, ma che ha contribuito a conservare meglio i dipinti dal degrado. Gli affreschi gloriosi di Sucevita mostrano una forte influenza dell'arte russa e seguono la tradizione del XVI secolo.
Una leggenda scolpita nelle mura della fortezza ci parla di una donna  che aveva peccato, e che per ricevere il perdono di Dio avesse trasportato dalle montagne per 30 anni, nel suo carro trainato da bufali, le pietre necessarie per l'attuale edificio. In cambio di questo duro compito, voleva essere sepolta all'interno della chiesa, ma purtroppo per lei non ha ricevuto questo onore. Per questo su uno degli angoli del campanile è scolpita una testa femminile in pietra nera.
L'affresco “Preghiera di tutti i Santi” è la scena iconografica più importante ed è la più grande composizione distribuita su tutte e tre le absidi della chiesa. Rappresenta la gerarchia celeste e la gerarchia ecclesiastica. Dipinta su sette registri orizzontali.
L'architettura della chiesa è costituita da elementi bizantini e gotici e da alcuni elementi tipici della Bucovina. Le pareti interne ed esterne sono ricoperte da affreschi di grande valore artistico, raffiguranti episodi biblici (Antico e Nuovo Testamento). Gli affreschi furono realizzati intorno al 1601, rendendo quindi Sucevița uno degli ultimi monasteri ad essere decorato nel famoso stile dei dipinti esterni.
La scala della virtù nel Monastero di Sucevita
Il  dipinto più eccezionale è la "Scala della Virtù", che copre parte del  muro nord, presentando gli angeli che aiutano i giusti a entrare nel  Paradiso, mentre i peccatori sono puniti da un demone ghignante.   Rappresenta il Primo Giudizio dell'anima dopo la morte e mostra le  lotte dei singoli monaci per compiere il viaggio verso il Cielo.  La scala è composta da 30 gradini (Gesù fu battezzato quando aveva 30 anni), ognuno dei quali simboleggia una virtù. Ogni monaco dovrebbe possedere queste virtù per raggiungere la perfezione. Superati gli ultimi 3 gradini della scala, che simboleggiano la virtù dell'Amore per Dio, della Speranza e della Fede, il monaco viene ricevuto dal Figlio di Dio che si sporge dalla finestra del Paradiso per accogliere una lunga fila di monaci salire la ripida scala  che porta a lui e alla santità. Ai lati della scala sono rappresentati gli universi opposti: sulla destra, il triangolo ascendente popolato da angeli, 52 in totale, disposti in file parallele, in perfetta sincronia, pronti a posare una corona d’oro sulla testa di coloro  che giungono alla salvezza, se arriveranno in cima; sulla sinistra, il triangolo discendente, che simboleggia l'inferno, una massa caotica di figure e demoni terrificanti. Nel triangolo dell'inferno, si possono vedere 9 monaci che non erano riusciti a raggiungere la perfezione,  alcuni si avvinghiano al legno per non cadere, ma sembra una  battaglia vana; altri, stanno già precipitando nel vuoto, abbracciati in  una danza macabra ai demoni. Un angelo, accanto al Signore, infierisce  con un lungo tridente su un monaco, in procinto di cadere dall’ultimo  gradino. È una scena potente e disperata. Non c’è spazio per la pietà: o santo o dannato. Lo indicano chiaramente le espressioni dei personaggi:  indifferenti quelle degli angeli, timorose e assorte nel compito quelle  dei monaci in ascesa, atterrite quelle dei dannati. I diavoli non hanno  espressione. Cristo stringe la mano al monaco che si è guadagnato la  salvezza, ma non c’è simpatia nel suo sguardo, semmai un senso  imparziale di giustizia.
Sulla  parete meridionale, c'è un notevole "Albero di Jesse", è un motivo frequente nell'arte cristiana tra l'XI e il XV secolo: rappresenta una schematizzazione dell'albero genealogico di Gesù a partire da Jesse, padre del re Davide, il quale è di particolare importanza nelle tre religioni abramitiche, l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam. Dunque, viene rappresentata sia  l'origine umana di Gesù, attraverso il suo albero genealogico, sia  la sua ascendenza divina.  Teologicamente, l '"Albero di Jesse" è un simbolo della continuità tra l'Antico e il Nuovo Testamento. Sulla destra si vedono i personaggi racchiusi in foglie di acanto ed edera che danno uno straordinario effetto ornamentale e coloratissimo. Proprio sopra il basamento, Jesse stesso è affiancato da importanti filosofi, tra cui Tucidide (Udino), Sofocle, Platone, Aristotele e Pitagora. A sinistra c’è la Vergine rappresentata come una principessa bizantina, con angeli che sorreggono un velo rosso sopra il suo capo.
Il carattere narrativo dei dipinti, viene esaltato dai colori, rossoporpora e blu contro il verde smeraldo del fondo.

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